Recensioni a Se mi chiami

Dei miei tre romanzi, credo che Se mi chiami Amore sia stato quello che la critica ha percepito complessivamente nel modo più lontano dalle mie intenzioni, dal mio sentire. Per me la stesura di Se mi chiami Amore è stata laboriosa, sofferta, drammatica. La leggerezza, l’ironia, il gioco, che pure galleggiano sulla superficie della prosa, si reggono su quelle gravi fondamenta e sono legate ad esse come il sorriso dell’acrobata alla fatica immane sottesa al suo pericoloso esercizio. Se il critico avverte soltanto il gioco, il sorriso, può darsi che l’acrobata abbia raggiunto il vertice della sua arte – far credere che il quasi impossibile sia facile – oppure può darsi che lo scrittore abbia dissimulato troppo. Può anche darsi che giocare con Dante Alighieri sia qualcosa di troppo difficile, o difficilmente accettabile dal pubblico. Può darsi che io mi sia inoltrato in un sentiero troppo arduo per le mie forze. Tuttavia in quel sentiero mi sono inoltrato, l’ho percorso fino in fondo e ne sono uscito. Spero che il lettore voglia percorrerlo con me, guardando Dante e Beatrice, nostri compagni di viaggio, con l’ammirazione di sempre, ma con occhi nuovi. Chissà che alla fine Dante non sembri ancora più grande e Beatrice più vera.

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Tra i testi critici che furono dedicati a Se mi chiami Amore tra 2001 e 2002, quello di Marino Sinibaldi (la minuta di un suo intervento alla presentazione del libro in una libreria di Trastevere nel 2002) merita a mio avviso particolare attenzione, insieme ai due testi scritti in inglese da Peter Byrne nel 2001 in amicizia ma senza complimenti.
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