Traduzioni

A. TRADUZIONI DALL’INGLESE

ELENCO DELLE TRADUZIONI DALL’INGLESE

1) Robert Louis Stevenson, Markheim (1885), con testo a fronte, a cura di F. D. P., collana “Minima” n. 24, Roma, Salerno editrice, 1992, pp. 96, L. 11.000;

  2) Jan M. Ziolkowski, La poesia d’amore, in Lo spazio letterario del Medioevo, 1. Il Medioevo latino, vol. I, tomo II, Roma, Salerno editrice, 1993, pp. 43-71;

  3) Jill Mann, La favolistica, ibidem, pp. 171-95;

  4) Malcolm Parkes, Le pratiche di lettura, in Lo spazio letterario del Medioevo, 1. Il Medioevo latino, vol. II, pp. 465-486;

  5) John Donne, Perché l’oro non sporca le dita? Paradossi e problemi (tit. orig.: Paradoxes and problems, 1633), Roma, Castelvecchi, 1993 (ristampa 2001), pp. 152, L. 18.000;

  6) William Hazlitt, Sull’ignoranza delle persone colte e altri saggi (tit. orig.: Table-Talk, 1824), Roma, Fazi editore, 1995, L. 16.000 (Fazi tascabili, 2001, E. 7,75; Fazi, collana Le Meraviglie, 2015: con le note, ma senza k’introduzione, che è scaricabile da qui in formato .pdf – revisione 2020 – per chi fosse interessato).

Dei testi 1, 5 e 6 ho curato introduzione, traduzione e note; dei testi 2,3 e 4 ho curato la sola traduzione.

B. TRADUZIONI DAL TURCO

7) Perihan Mağden, Due ragazze (tit. orig.: İki Genç Kızın Romanı, ovvero ‘il romanzo di due giovani ragazze’, Istanbul, Everest, 2001);

8) Halide Edip Adıvar, La figlia di Istanbul (tit. orig.: Sinekli Bakkal, ovvero ‘il negozio di alimentari pieno di mosche’, 1935), elliot edizioni, Roma, 2010;

9) Orhan Kemal, La casa di mio padre, elliot edizioni, Roma, 2013.

C. PETTEGOLEZZI

Dopo aver cominciato a scrivere racconti, poesie, sceneggiature di cortometraggi, recensioni cinematografiche e voci biografiche per la Treccani, agli inizi degli anni ’90 provai a pubblicare la narrativa.
      Non vi riuscii. Il massimo che raggiunsi fu entrare nella rosa dei finalisti al premio Calvino 1990 con il racconto La cena.
      La giuria apprezzò il testo perché lo giudicò una parodia del Nome della rosa. Immagino che parodiare un romanzo di Eco non fosse la strada giusta per vincere il premio Calvino. Certo è che io non avevo affatto avuto l’intenzione di parodiare Il nome della rosa. I giudizi di una giuria sono insindacabili ed è normale che il lettore riesca a vedere in un testo quello che l’autore non si accorge di avervi messo. Mi chiedo: se non avessi “parodiato Eco” sarei arrivato in finale? Forse no. Forse ci arrivai per un abbaglio, mio o della giuria.
      Gli editori a cui spedivo i miei racconti non avevano nessun desiderio di pubblicarli. Alberto Castelvecchi, che prima di fondare la sua omonima casa editrice, dirigeva una collana di libri brevi per l’editore Salerno, cestinò i miei racconti come avevano già fatto gli altri, ma mi chiese se avessi per le mani una traduzione di qualcosa di bello e di breve da pubblicare subito.
      Lo avevo. Era Markheim di Robert Louis Stevenson, un racconto che avevo tradotto per mio diletto nel 1988. A me l’inglese è sempre piaciuto e l’ho coltivato per piacere, fuori dalla scuola. Il padre del mio amico Mauro Ricci ogni estate organizzava viaggi studio in Inghilterra e io ne avevo approfittato varie volte. Senza contare l’esercizio che facevo con i testi delle canzoni. Insomma, Markheim andava bene.
      Per Salerno tradussi anche tre saggi brevi sulla letteratura medievale. Poi Castelvecchi si mise in proprio e io gli proposi un John Donne inedito, Paradoxes & Problems. Accettò.
      Non riuscivo a pubblicare la mia narrativa, ma tradurre non era poi così male. Anzi, per uno scrittore, non c’è migliore scuola di scrittura. Si legge il testo originale con la lente d’ingrandimento, con i raggi X e, nel tradurre ogni frase, ogni parola è un’occasione di riflessione sul senso e sullo stile. In più scrivevo anche l’introduzione al testo e le note. Nel complesso era un lavoro interessante.
      Nel 1995 Elido Fazi cominciò la sua avventura editoriale. Castelvecchi ed Emanuele Trevi (che conosce tutto e tutti) mi segnalarono al nuovo editore, che voleva riproporre i saggi di William Hazlitt, uno spirito paradossale del XIX secolo. Io, che avevo tradotto i Paradossi di Donne, potevo essere adatto anche ad Hazlitt. Il libro ebbe un certo successo. Poi Fazi decise di aprire anche una collana di narratori italiani e io gli potei proporre il romanzo che ero andato scrivendo dal 1991, Brenda e Plotino. Ma questa è un’altra storia.