Unboxing emozione paura

di Mauro Ricci

Si è detto del valore esotico/erotico del pacco, soprattutto nella sua essenza di packaging primario che crea desiderio.
Esagerazione?
Sarà questione di terminologia e punti di vista. Consideriamo intanto che l’induzione del desiderio di materializzare il rapporto con il prodotto tramite la sua confezione va a segno spesso, tranne che per i più distratti, e a proposito astenersi perditempo.
Senza dubbio molto è cambiato dall’inizio del millennio in termini di consumismo tecnologico e distribuzione degli acquisti mediante recapito domiciliare. La connessione globale ha impresso un’accelerazione formidabile alle vendite di telefoni cellulari che fanno di tutto, comprese le previsioni del tempo, di personal computer per lavoro e per diletto, dei tablet, delle smart tv, degli orologi che controllano i nostri appuntamenti e annotano i passi che facciamo con relativo battito cardiaco e posizione geolocalizzata. E ognuno di questi dispositivi potenzialmente può fare tutto ciò che fanno gli altri. Ma noi non ci limitiamo a comprarne uno per tutti, perché ognuno ha il suo fascino e per acquistarli risparmieremo anche spostamenti, dato che nel momento in cui pensiamo di averne bisogno li ordiniamo e li riceviamo celermente.

Allora ecco l’anello della catena consumistica che sta tra la confezione del prodotto e la sua fruizione: l’unboxing, termine anglosassone-specialistico che nelle feste di compleanno viene evocato e tradotto con lo slogan scandito scar-ta la car-ta!

Provate a scrivere “unboxing” nella finestra di Google.
Noterete che tra i primi risultati (ne seguono comunque molti altri) ci sono dei video di youtuber che provano, riuscendoci, a trasmettere l’esperienza intima di aver comprato il prodotto tanto desiderato e l’emozione di togliergli il sigillo. Lo fanno per noi indecisi che non lo abbiamo ancora acquistato, ma che poi in realtà, se abbiamo cercato quel video, siamo praticamente destinati ad averlo. Con quella visualizzazione percepiremo altra emozione e desiderio dopo quelli che abbiamo ricevuto dalla pubblicità nella sua forma classica.

In genere è facile trovare proprio l’unboxing del prodotto che ci piace tanto e che vogliamo vedere come appare appena estratto dalla confezione tramite una persona che ha l’aspetto di uno di noi. Otterremo quello che cerchiamo scrivendo nella finestra di ricerca marca-modello prima o dopo il termine unboxing.

L’atto in molti casi inizia dai preliminari, cioè proprio dall’apertura della confezione Amazon, il suo packaging secondario. Gli unboxer di rilievo che pubblicano video su youtube costituiscono un ramo specialistico degli influencer sui social media. Gli unboxer in molti casi ricevono i prodotti in omaggio dalla casamadre, che li regala a questi influencer perché li faccia annusare virtualmente a chi li sta cercando, affinché sia difficile dimenticarne l’odore, in questo caso l’impressione, come si fa con i cani da tartufo o molecolari.

Un video di un unboxer, sempre collocato tra i primi risultati su Google, è intitolato Non ho il coraggio di usarlo….
E un’asserzione di questo tipo ci sembra in qualche modo inevitabile.

L’ho visto, bramato, comprato, ho la sua confezione tra le mani, lo sto scartando, è ancora nuovo e tale rimarrà finché inizierò ad usarlo. E allora perché usarlo? voglio che rimanga nuovo per sempre così come l’ho conosciuto e sognato. In fondo lo sto possedendo e non mi serve altro.
Si, con l’unboxing non è raro raggiungere l’astrazione platonica come più emozionante della stessa consumazione del rapporto.

Ma se visualizzarete quel video, vi imbatterete – forse inaspettatamente – in una situazione contraria a quello che stavamo immaginando. L’unboxer di turno è in realtà un accreditato recensore di tecnologia e i suoi unboxing sono critici, in questo caso si era imbattuto in un prodotto talmente scadente da averlo etichettato come improponibile.

Un metaforico pacco dal contenuto inaspettato quindi può capitare anche nella stessa visualizzazione del video dell’unboxing: crediamo di trovare qualcosa e invece si tratta di altro…
Ok, dài, magari quell’oggetto l’avevamo già comprato e forse in attesa di rivenderlo sulla piattaforma online specializzata che tutti usano e tutti accontenta, un giretto ce lo faremo. Ma il concetto di “mio e nuovo per sempre” lo abbiamo sostanzialmente gestito per i brevi attimi che sono bastati a soddisfarci prima della delusione, o forse lui ha gestito noi.

In tema di apparenza e desiderio strumentali al commercio e relativi meccanismi di vendita, si suggerisce la visione del film The Joneses (USA 2009)
https://it.wikipedia.org/wiki/The_Joneses