Un pacco, il pacco, tutti i pacchi

di Fabio De Propris

Avvolgere una merce in una confezione: questo è fare un pacco. La merce è il tuorlo, la confezione è il guscio. Fare un pacco è un impacchettamento, un inscatolamento, un imballaggio, o una confezione regalo. Fare un pacco è ciascuno di questi atti, tuttavia nessuna delle definizioni è soddisfacente, perché in “fare un pacco” risuona sullo sfondo – in italiano – l’idea di una contraffazione, di un imbroglio, di un tentativo di far credere un ipotetico contenuto migliore di quello che è. Questo rumore di fondo rende ambigua l’espressione. a Se poi all’articolo indeterminativo “un” si sostituisce l’articolo determinativo “il”, l’immagine della truffa arriva in primo piano.

“Fare un pacco” può benissimo essere un’azione tesa in primo luogo a proteggere il contenuto. Si può pensare a cibi spediti per posta ai propri cari lontani, a vestiti, a effetti personali. Si può pensare non a merci che siano oggetto di un mercato, ma a oggetti che testimoniano desiderio materno di accudimento, a pegni d’amore. È il pacco come imballaggio, la protezione di merci – o di oggetti che abbiano un qualsivoglia valore – dai pericoli di un viaggio per mare, per via aerea o anche via terra. Fare “il” pacco invece è impacchettare qualcosa che non ha valore facendola pagare come se valesse. In italiano, dunque, “un pacco” è qualcosa di indeterminato.

“Il pacco” invece è determinato, è il pacco par excellence, è la quintessenza del pacco. Cosa dunque è determinato o indeterminato in un/il pacco? La sua relazione con la morale. Un pacco, cioè, può proteggere il suo contenuto, può enfatizzarne il valore, può costituire un inganno. Tutte le possibilità sono rappresentate. Invece “il pacco” è senz’altro ingannevole, esprime cioè la volontà di chi l’ha fatto di frodare il prossimo. Il pacco è moralmente riprovevole, è un male. Al tempo stesso è una sorta di opera d’arte, perché mira a frodare un compratore che è ragionevolmente prevenuto. Come può avvenire la frode?

La frode si fonda su due elementi: il significato simbolico del pacco e il desiderio di ciascun essere umano di cogliere segni nella vita che lo indichino come un privilegiato del destino. Un pacco simboleggia il suo contenuto. Un pacco ricco sta per un contenuto ricco, un pacco povero sta per un contenuto che può essere tanto povero, quanto ricco. In questo secondo caso, la povertà del pacco è eccitante, evoca una bellissima Cenerentola travisata dagli stracci, benché crei un’ombra sul pacco ricco, che potrebbe nascondere – per completezza di schema – un contenuto povero.

Oltre a questo tipo di simbolismo tra esterno e interno che potremmo chiamare verticale, c’è un simbolismo orizzontale, tutto interno al contenuto, tra merce e pegno d’amore. Una merce è sempre il simbolo di un pegno d’amore tra l’acquirente e la vita, l’equivalente di oggetto con cui l’amata, la mamma o l’amica un giorno lontano testimoniò (o più probabilmente avrebbe potuto testimoniare) il suo amore, la sua predilezione.

Qui entra in gioco il secondo elemento. Si accetta “il pacco” perché si spera che, mentre altri possono essere ingannati, noi saremo i privilegiati del destino. Saremo coloro a cui toccherà il raro caso di fare il colpo grosso: rivivremo l’esperienza di ricevere un pegno d’amore oppure – ancora più importante – saremo risarciti di un antico mancato pegno d’amore che siamo certi di aver meritato, ma di non aver ricevuto.

Si viene così spesso ingannati da chi prova a “farci il pacco” perché “il pacco” è caricato di un doppio irresistibile simbolismo: l’oggetto nel pacco è un pegno d’amore e un risarcimento di mancati pegni d’amore del passato, risarcimento che tocca a pochi, a pochissimi, forse solo a noi, mentre gli altri saranno delusi e truffati come sempre accade nella vita (il meccanismo del gioco d’azzardo è il medesimo: il giocatore attende la vincita miliardaria che è il pegno d’amore che la vita gli riserva e che lo ripagherà di ogni perdita, di ogni delusione subita dalla nascita fino al momento aureo).

Vi è infine un aspetto notevole: il movente che spinge un uomo a comprare “il pacco” è in fondo uguale a quello che spinge un uomo a confezionarlo. Muta il punto di vista: l’acquirente cerca la conferma di essere il beniamino del destino, il venditore vuole incarnare il destino. Se “il pacco” è il tentativo di cancellare un’antica delusione, è facile capire che è il venditore il più ferito dei due.