Gioco dei pacchi

di Fabio De Propris

Pacco originale della trasmissione televisiva Affari tuoi fotografato da Massimo Germinario

Affari tuoi è la versione italiana del programma olandese Deal Or no Deal che andò in onda dal 2003 al 2017 e di cui si prevede una ripresa nel dicembre 2020.
Il programma ha avuto versioni nazionali in tutto il mondo. Si basa su una variante del classico gioco delle tre carte, “carta vince, carta perde”. Il giocatore deve scegliere tra venti valigie (che nella versione italiana erano pacchi; e popolarmente la trasmissione veniva infatti chiamata I pacchi: “Ieri sera hai visto I pacchi alla televisione?”) per arrivare a scartarle tutte tranne una, che contiene la cifra o l’oggetto che vincerà: da mezzo milione di euro a un centesimo, un pettinino o qualcosa di valore altrettanto modesto.
Tutti i pacchi (nella fotografia se ne può vedere uno, originale, di proprietà del mio caro amico Massimo Germinario) sono esternamente identici, ma sul lato interno del coperchio vi sono stampate cifre assai diverse, o nomi di oggetti, che significano vittoria (50.000, 100.000, 500.000 euro) oppure sconfitta (10 euro, un centesimo, una penna biro).

Il gioco è la drammatizzazione del mistero della vita: gli esseri umani sono apparentemente uguali, ma vengono trattati in modo assai diverso, al di là del merito di ciascuno. A qualcuno tocca tutto, a qualcuno nulla. Qualcuno è in salute, qualcuno è malato, e così via.

Il giocatore, una persona qualunque, può vincere o perdere. Non gli si chiede alcuna conoscenza, se non di saper leggere e parlare, per poter indicare via via i pacchi scartati.

Il giocatore vince se ha fortuna, se ha il privilegio di essere, come diceva Umberto Saba, “il figlio prediletto” (di una predilezione immotivata, immeritata: la più dolce, come ricordano i versi finali di Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli).

Lo spettatore gode nel vedere il corso di una vita, che assomiglia moltissimo alla sua, condensato in meno di un’ora. Impara che la fortuna è cieca, che bisogna sapersi accontentare, che la vita quasi sempre ti propina dei “pacchi”, cioè dei tiri mancini, delle false illusioni di felicità e di guadagno facile, che tuttavia solo chi rischia di perdere può vincere tutto. Che forse c’è il trucco, che qualcuno viene favorito (non certo “noi”). In sostanza, lo spettatore non impara nulla, ma assiste in breve al dramma della vita (della propria vita) in termini essenzialissimi, come pochi drammi teatrali gli darebbero occasione di fare (drammi più impegnativi e complessi da seguire).

NOTA: Gli ultimi quattro versi della poesia Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli (Einaudi, 2008) recitano: “[…] sognavo / altre giustizie, altre armonie: ripulse / superiori, predilezioni oscure, / di immeritati amori regalìe”.